Sono state formulate molte ipotesi riguardanti le tecniche di costruzione dei nuraghi e delle tombe collettive, proponendo simulazioni assai dispendiose e spesso incompatibili. Edifici così grandi – dove il modello più diffuso di nuraghe singolo era alto come una casa moderna di tre piani, comportando l´impiego di almeno mille metri cubi di pietrame – richiedevano l´investimento di molte risorse economiche e umane. Per innalzare fabbricati stabili e solidi, senza tuttavia complicarsi la vita, i loro progettisti avviarono pratiche edilizie, organizzative e logistiche collaudate.
Di fatto, le operazioni muratorie erano abbastanza elementari, poiché i Sardi dell´Età del Bronzo cercavano sempre di ridurre al minimo gli sprechi per sfruttare al meglio le poche potenzialità disponibili nell´ambiente, localizzando il manufatto nei pressi della cava, utilizzando il materiale grezzo trovato sul posto e creando compagini di facile realizzazione.
I sistemi di trasporto della pietra, di movimentazione in cantiere, di posa in opera nella struttura, di successiva manutenzione e restauro, erano quanto di più semplice ed economico la tecnologia dell´epoca potesse disporre. Metodi elementari, seppur non banali, che permisero la creazione di un parco di migliaia di monumenti, tuttora visitabili a distanza di secoli e sparsi per ogni dove in Sardegna.
Come è potuto accadere?